I nuovi manicomi. di Benedetto Saraceno

Le violenze di Foggia, all’interno dell’istituzione Don Uva, non rappresentano il caso isolato. Le violazioni dei diritti sono molto diffuse non solo a danno dei  pazienti dei servizi psichiatrici ma anche, e forse soprattutto, a danno di tutte quelle persone che, per disabilità e vulnerabilità, sono ospiti in strutture residenziali di varia natura.

Nella notte del 23 di gennaio i carabinieri e i NAS di Foggia hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di trenta operatori sanitari (infermieri e ausiliari) della istituzione Don Uva di Foggia. L’operazione ha coinvolto otto dipendenti della struttura, sedici operatori sociosanitari della società Universo Salute, tre operatori sociosanitari dipendenti della società Etjca spa, due educatrici professionali dipendenti della società Universo Salute e un addetto alle pulizie della La Pulisan srl. Alcuni di questi operatori sono stati messi in carcere, altri sono ai domiciliari e i restanti sono indagati senza misure coercitive. I reati contestati sono quelli di maltrattamenti aggravati, sequestro di persona e violenza sessuale ai danni di venticinque donne degenti.

Ma cosa è la società Universo Salute che impiega quasi tutti gli indagati? Ebbene, l’istituzione don Uva, che è una vecchia conoscenza della psichiatria privata convenzionata italiana con le sue sedi di Bisceglie, Foggia e Potenza, non esiste più dal punto di vista amministrativo.   Una nuova società, appunto la Universo Salute nata nel 2015, è subentrata alla Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza nella proprietà del Don Uva. Universo Salute opera in regime di accreditamento istituzionale con il Servizio Sanitario della Regione Puglia e il Servizio Sanitario della Regione Basilicata nelle sedi di Bisceglie, Foggia e Potenza. Il complesso delle strutture sanitarie assistenziali di Foggia si occupa, fra l’altro, di persone disabili e di persone affette da demenze, e offre una varietà di servizi, di strutture e di spazi riabilitativi, socializzanti, lavorativi, ludici, sportivi e ricreativi. Il sito web recita: «Una comunità in cui si è circondati da un’atmosfera familiare, compartecipe delle problematiche di chi soffre e dove l’Ospite trova le risposte adeguate al recupero della propria autonomia.»

È dunque la Universo Salute che impiega tutti questi operatori che, scrive il gip: “hanno mostrato particolare disprezzo per la condizione di vulnerabilità dei pazienti” e lo hanno fatto attraverso molteplici vessazioni fisiche e psicologiche (“Io ti sparo in bocca” oppure “…ti devo spaccare la testa”). Inoltre, nella fascia oraria notturna molti pazienti venivano chiusi a chiave nelle loro stanze (definite da uno degli indagati come “la stalla”) e durante il giorno rinchiusi nel locale soggiorno. La Proprietà e i vertici di Universo Salute hanno offerto piena collaborazione nelle indagini sui gravissimi abusi: “Siamo in attesa dei dettagli del lavoro svolto dalla magistratura in collaborazione con la nostra Amministrazione che – dichiara l’AD di Universo Salute Luca Vigilante – sin dal primo giorno, ha lavorato per la tutela dei pazienti, soprattutto di quelli più fragili sul piano mentale, chiedendo a tutte le Organizzazioni sindacali e a tutti i lavoratori l’autorizzazione all’installazione di telecamere anche nelle camere”.

D’altra parte, già nel 1997, la indagine conoscitiva del Senato della Repubblica sullo stato di attuazione del programma di soppressione delle strutture manicomiali residue e di realizzazione delle strutture alternative di assistenza psichiatrica, affermava nel proprio documento conclusivo : « Nel corso dei sopralluoghi, comunque, la Commissione ha riscontrato una forte disponibilità  da parte dei responsabili delle due più importanti reti di assistenza psichiatrica convenzionata – l’ordine ospedaliero San Giovanni di Dio Fatebenefratelli e l’Opera Don Pasquale Uva casa della Divina Provvidenza, che rappresentano, rispettivamente nel settentrione e nel mezzogiorno, la grande maggioranza delle istituzioni private convenzionate – a collaborare con il settore pubblico per prestare la loro attività nell’ambito della assistenza territoriale » (1) .

Dunque, tout va bien madame la marquise: una istituzione riabilitativa gigantesca che inciampa nel comportamento criminoso di qualche operatore, la massima collaborazione con la magistratura e una tradizione di collaborazione col servizio sanitario pubblico che viene da lontano. Ma, in realtà, le cose non stanno così.

Innanzituttova sottolineato come le violenze di Foggia non rappresentano il caso isolato di un operatore violento e perverso bensì sono il risultato del comportamento criminoso di 30 operatori che agiscono in maniera continuativa contro le leggi della repubblica, dell’etica e della umanità. In secondo luogo, anche se i medici e i vertici della istituzione non sono oggetto di indagine, è tuttavia legittimo chiedersi e soprattutto chiedere come sia possibile che tali violenze continuative da parte di tanti operatori non siano state rilevate dal personale medico e dai dirigenti. Ricordiamo che le rilevazioni audio visive dei carabinieri erano attivate dal mese di luglio e questo ci dice che da mesi quelle violenze e quegli abusi erano messi in atto non da uno ma da numerosi operatori. Più in generale, è bene considerare la vicenda di Foggia come un campanello di allarme e non come un increscioso, se pur grave, incidente di percorso.

Infatti, le violazioni dei diritti sono molto diffuse non solo a danno dei  pazienti dei servizi psichiatrici ma anche, e forse soprattutto, a danno di tutte quelle persone che, per disabilità e vulnerabilità, sono ospiti in strutture residenziali di varia natura. Dunque, le vittime sono i disabili mentali, i disabili fisici, i disabili intellettuali e anche, semplicemente, degli anziani istituzionalizzati. Violenze, vessazioni, abusi più o meno odiosi che vanno dall’isolamento alla privazione della privacy e di ogni forma di dignità.

Ricordiamo, ancora una volta se ne ce fosse bisogno, che la contenzione fisica è diffusa e spesso anche documentata (2) malgrado la Corte di Cassazione V sezione, sentenza 20 giugno 2018, abbia stabilito che la contenzione non ha natura di “atto medico” in quanto quest’ultimo ha la finalità di realizzare un “beneficio per la salute”.  La contenzione meccanica, afferma la Corte, mette invece in atto un “presidio restrittivo della libertà personale che non ha né una finalità curativa né produce materialmente l’effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente”. Questo significa che i sanitari che utilizzano di routine la contenzione meccanica “sottopongono il paziente a una illegittima privazione della libertà personale”, configurando il reato di sequestro di persona, ex art. 605 CP” (3). Dunque, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (firmata e ratificata dall’Italia, e, dunque legge dello stato) è ignorata, non applicata e sistematicamente violata in molte strutture sociosanitarie, soprattutto private e/o convenzionate.

Dunque, la legge 180 invece che essere stolidamente attaccata deve essere semplicemente pienamente applicata dovunque e comunque.

Nel 2018, Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno, scriveva: “Noi stiamo lavorando per un’Italia più buona. Penso alla assurda riforma che ha lasciato nella miseria migliaia di famiglie con parenti malati psichiatrici” e denunciava, senza fornire alcun fondamento fattuale: “C’è quest’anno un’esplosione di aggressioni per colpa di malati psichiatrici”. Bisogna riflettere bene su quelle parole dell’ex ministro poiché esse non sono soltanto la espressione della ignoranza culturale, scientifica e morale del peggior ministro che il nostro paese abbia avuto, ma sono la manifestazione di una diffusa ignoranza dei fatti, delle evidenze e delle realtà a proposito della riforma psichiatrica preconizzata dalla legge 180 e dei diritti in generale delle persone che si trovano nelle istituzioni socio-sanitarie. Questa ignoranza, fatta di disinformazione e spesso anche di malafede, alimenta anche una narrazione schematica e molto rozza che nega gli straordinari progressi della assistenza psichiatrica italiana grazie anche alla legge 180. Quello che deve preoccuparci è che quell’insieme di ignoranza, disinformazione e malafede, consente progressivamente ma inesorabilmente che i benéfici effetti della legge vengano smantellati, i servizi di salute mentale de-finanziati, il personale ridotto.

Questo è il tema, e va ben oltre le necessarie denunce e le giuste sanzioni nei confronti degli operatori violenti di Foggia: si tratta di difendere la riforma psichiatrica italiana, promuovere la applicazione della legge 180, promuovere la applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite e fornire le urgenti e necessarie risorse umane e finanziarie ai servizi pubblici di salute mentale.  Il progressivo depauperamento dei servizi pubblici di salute mentale alimenta l’assurdo e scandaloso ricorso a medici gettonisti che con tre turni di guardia in un servizio di diagnosi e cura guadagnano quanto in un mese i loro colleghi del servizio pubblico. Ma, soprattutto, alimenta la progressiva privatizzazione della assistenza sanitaria e il ricorso alle strutture convenzionate e alle cooperative di operatori che, in un mercato opaco, vendono servizi assistenziali a un servizio pubblico in affanno.  È urgente affrontare una buona volta la questione delle strutture e delle cooperative private convenzionate che con il denaro pubblico operano troppo spesso offrendo servizi di pessima qualità e impiegando operatori scarsamente qualificati.

Marcello Veneziani, un modestissimo intellettuale di spicco della destra che scrive sul quotidiano La Verità, a proposito di Basaglia e della sua opera ha parlato di “neuro-comunismo” e di  una “aberrazione ideologica di questa (di Basaglia, n.d.r.) perniciosa filantropia” e, in contrapposizione a Basaglia,  Veneziani ricorda che  “don Uva capì quanta sofferenza covava dietro quelle grate. Così dopo trent’anni di gestione degli ospedali psichiatrici (che furono scandalo nazionale, n.d.r.) progettò il villaggio post-manicomiale  (ossia il ritorno alla organizzazione manicomiale dei primi del Novecento, n.d.r.) : avrebbe avuto al suo interno azienda agricola, pascoli, stalle, orti, vigneti e frutteti, laboratori e pastifici, cinema-teatro e caffè, circoli e sale di bigliardi, impianti sportivi…”(4).

Facciamo volentieri a meno dell’eredità del beato don Uva. Invece, ben venga l’eredità della “perniciosa filantropia di Basaglia” che ha creato servizi di salute mentale umani, competenti ed efficaci in molte realtà italiane e ha avuto il riconoscimento della eccellenza del modello triestino da parte della Organizzazione Mondiale della Salute.

Una eredità, quella di Basaglia, che ci ha insegnato che ogni uomo o donna o bambino, quantunque disabile e abitato dalle più gravi deficienze motorie, cognitive e affettive, resta sempre, comunque e ovunque un soggetto, produttore di senso, detentore di diritti, cittadino uguale fra cittadini uguali.

Benedetto Saraceno, Segretario Generale, Lisbon Institute of Global Mental Health

 

Bibliografia

  1. Senato della Repubblica, Commissione Igiene e Sanità, seduta 101ª, 15 luglio 1997.
  2. Del Giudice G. E tu slegalo subito. Edizioni Alphabeta, 2021 Merano.
  3. Saraceno B. (2021). Convenzioni Internazionali e diritti negati. Salute Internazionale. 24 maggio.
  4. Veneziani M. Basaglia, la pazzia liberate. Psichiatria Democratica e Neuro-comunismoAdHoc New 29 agosto 2020.

fonte: saluteinternazionale.info

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