Se i Determinanti Sociali della Salute fanno capire i meccanismi attraverso cui le disuguaglianze influiscono sulla salute delle persone, i Determinanti Commerciali della Salute indicano come il profitto di pochi minacci la salute di molti.
Nel 2016, in un articolo apparso su Lancet, Ilona Kickbush per la prima volta definiva un differente tipo di determinanti della salute: “Definiamo determinanti commerciali della salute quelle prospettive e quelle strategie utilizzate dal settore privato per promuovere prodotti e scelte che sono nocivi per la salute” (1). Nel corso degli anni, la nozione di Determinante Commerciale della Salute (DCdS) si è venuta precisando. Secondo la Organizzazione Mondiale della Salute i DCdS sono tutte quelle attività del settore privato che hanno un impatto negativo o positivo sulla salute (2). La differenza con i Determinanti Sociali della Salute (DSdS) è sottile e probabilmente artificiale, ma è utile mantenere una distinzione fra le due nozioni in quanto i DSdS sono condizioni macroscopiche e complesse riconducibili a una molteplicità di fattori e di responsabilità politiche (si pensi alla povertà o alla mancata scolarità) mentre i DCdS sono fattori più circoscritti e riconducibili a responsabilità più definite e identificabili. In altre parole, se lottare contro la povertà è un vasto programma con implicazioni sociali, economiche e politiche macroscopiche e complesse, lottare contro l’uso nocivo del tabacco, dell’alcol o del junk food, presuppone interlocutori e controparti più definibili e definiti così come anche azioni più mirate e specifiche. Diciamo che le politiche neoliberali tipiche del capitalismo avanzato sono responsabili delle disuguaglianze sociali ma che è più difficile identificare una ben definita controparte, mentre nel caso degli alimenti o delle sostanze nocive per la salute umana, le controparti hanno nome e cognome.
Non c’è dubbio, tuttavia, che la questione sia più complessa di come qui viene sintetizzata, in quanto è anche vero che molte politiche neoliberali possono avere controparti definite (pensiamo alla industria della deforestazione in Amazonia) così come è vero che la identificata multinazionale dell’alcol o del tabacco agisce e prospera anche grazie ad una rete complessa e meno definibile di sostegni, alleanze e complicità.
In conclusione, se i Determinanti Sociali della Salute fanno capire i meccanismi attraverso cui le disuguaglianze plasmano e costruiscono e decostruiscono la salute delle persone, i Determinanti Commerciali della Salute fanno capire come il profitto di pochi minacci la salute di molti.
Le strategie dell’Industria
Il settore privato, e i più in specifico quello agro-alimentare, influenza l’ambiente sociale, fisico e culturale, sia attraverso azioni dirette di business sia attraverso interventi sociali indiretti. Il ventaglio di tali strategie è ampio e va dalle grandi catene di distribuzione dei prodotti al disegno dei loro contenitori, dagli investimenti nella ricerca alle sistematiche azioni di lobbying. Secondo la Kickbush (1) i canali di azione del settore privato sono fondamentalmente quattro:
- il marketing che promuove la desiderabilità e la accettabilità di prodotti nocivi alla salute;
- le azioni di lobbying che cercano di frenare o interrompere le barriere messe in atto dalle autorità regolatorie;
- la messa in atto di politiche di “corporate social responsability” che servono a illudere il grande pubblico circa un presunta responsabilità sociale degli stessi produttori di prodotti nocivi;
- la massiccia e progressiva estensione delle catene di distribuzione.
McKee e Stuckler (3) identificano ulteriori canali di azione, diversi da quelli enunciati dalla Kickbush. Secondo questi autori tali canali sono: i) influenzare e ridefinire la narrazione dominante; ii) stabilire le regole che la società utilizza per regolare il commercio; iii) trasformare la conoscenza in prodotto commerciale; iv) minacciare i diritti politici, sociali e economici .
Analizziamo più da vicino le quattro azioni identificate da McKee e Stuckler.
- La ridefinizione della narrazione implica le strategie orientate a minare le conoscenze scientifiche a proposito dei prodotti nocivi alla salute e l’uso dei mass media per instillare il dubbio sulla la loro effettiva nocività. Accanto a questo intervento di critica delle evidenze scientifiche, il settore privato tenta di convincere le autorità, i medici e il pubblico del fatto che, comunque, il consumo di sostanze nocive alla salute è un affare privato, un affare dei singoli che, nel pieno esercizio della loro libertà personale, scelgono di fumare, di bere alcol o di consumare grassi insaturi o zuccheri. Tuutavia, abbiamo ampia letteratura che ci dice che tale libertà di scelta è una illusione: le persone più vulnerabili e fragili (inanzitutto i bambini e gli adolescenti) sono le più esposte al consumo di sostanze nocive, così come le persone che per ragioni sociali ed economiche hanno minore capacità di scelta e discernimento. Il dibattito sulla libera scelta è antico e vede scontrarsi, da un lato i difensori della salute pubblica e dall’altro i difensori della presunta libera scelta dei cittadini di consumare quello che vogliono senza che lo stato (da loro definito “nanny” ossia bambinaia) stabilisca regole allo scopo di proteggerli. Tale rivendicazione di libertà non solo nasconde gli interessi di profitto dei produttori che vogliono scongiurare i rischi di ogni regolamentazione ma soprattutto è profondamente infondata. Disponiamo di una imponente massa critica di studi epidemiologici che hanno ampiamente dimostrato che la libertà dei poveri è una libertà fortemente indebolita e il loro consumo di sostanze nocive spesso non è una scelta ma piuttosto è l’unica opzione.
- L’intervento sulle azioni regolatorie, consiste, invece, nell’impiego massiccio di esperti, ricercatori ed economisti messi al servizio della redifinizione di nuove regole che attutiscano il potere regolatorio e consentano al settore privato maggiori gradi di autonomia di azione.
- La trasformazione della conoscenza in merce, è la strategia che ritroviamo in tutti i tentativi di promuovere e difendere regole inflessibili per la protezione dei brevetti dei farmaci o dei vaccini.
- Infine, la minaccia ai diritti (politici, sociali e economici) si esplicita in tutte quelle azioni che cercano di ridurre gli investimenti pubblici nella prevenzione (prevenzione sia del consumo delle sostanze nocive sia delle malattie indotte da quelle sostanze) e più in generale di diminuire l’azione regolatoria del pubblico così da lasciare la materia della salute a una privatizzazione selvaggia, senza regole e senza autorità regolatorie.
Tutte queste strategie hanno un impatto negativo sulla salute, ben evidenziabile dall’impressionante aumento della obesità, del diabete di tipo 2, delle malattie cardiovascolari, dei tumori, degli incidenti stradali e dei comportamenti violenti. Ricordiamo la drammatica crescita della mortalità dovuta a malattie non-trasmissibili che si stima nel 74% di tutta la mortalità globale (6).
Che fare
Sarebbe facile limitarsi ad affermare che si fa troppo poco per contrastare l’azione nefasta dei DCdS, ma il vero problema è che, poco o tanto che si faccia, la rapace aggressività delle multinazionali dell’agro-alimentare conquista ogni giorno più terreno e esercita un controllo impressionante su esponenti della politica, ministri e organismi regolatori. Ad oggi soltanto ventinove paesi (ossia il 12% della popolazione mondiale) hanno adottato strategie efficaci di proibizione della pubblicità al tabacco; secondo il JAMA Network (4) durante la ultima settimana del marzo 2020, in piena pandemia COVID 19, le vendite di alcol negli Stati Uniti sono aumentate del 262%. Malgrado, o forse grazie alla pandemia, l’espansione dell’industria dell’alcol è stata impressionante. Nel 2017 negli Stati Uniti, le multinazionali della birra hanno incrementato del 60% gli investimenti in nuove forme di pubblicità attraverso i social media.
L’OMS cerca di promuovere l’uso di strumenti fiscali per diminuire l’impatto negativo di sostanze nocive per la salute e cerca di interagire con il settore privato attraverso un gruppo consultivo sulla governance del settore privato nonché attraverso approcci programmatici e trattati, come è il caso della convenzione della OMS sul controllo del tabacco. Inoltre, l’OMS ha avviato un nuovo programma d’azione sui determinanti economici e commerciali della salute con quattro obiettivi: rafforzare le evidenze; sviluppare strumenti per contrastare i determinanti commerciali; convocare partenariati e dialogo; aumentare la consapevolezza e l’advocacy. Si ha tuttavia la netta impressione che questi lodevoli sforzi restino senza effetti significativi e questa drammatica disparità fra il potere pervasivo del “for profit against health” e la buona volontà dei militanti della salute pubblica, metta in evidenza, ancora una volta, le grandi questioni morali, politiche e tecniche sollevate dalla commistione fra business, logiche economiche e salute pubblica. Vi è un progressivo inquinamento del discorso e delle azione della Salute Globale dovuto alla crescente influenza di logiche economiche e di interessi commerciali (5).
Tale stato di cose impone un serio dibattito su questioni che non sono solo etiche ma anche politiche e tecniche, questioni che richiedono chiare scelte di campo e una intensa attività di “diplomazia della salute”. Si tratta infatti di costruire quel dialogo fra “agenda economica” (spesso inevitabile) e la “agenda di salute pubblica”. La cosiddetta “Health Diplomacy” consiste in quella concertazione fra spinte economiche spesso promosse dagli stessi paesi poveri (si pensi a economie basate esclusivamente sulla produzione di sostanze nocive per la salute: a Cuba, ad esempio, lo zucchero, il tabacco e l’alcol) e spinte verso il miglioramento della salute pubblica. Una stretta collaborazione fra globale/politico e locale/tecnico è indispensabile perché oggi c’è un urgente bisogno “di comprendere e riformare la natura patogenica del rampante mercato capitalistico” (6).
Benedetto Saraceno, Segretario Generale, Lisbon Institute of Global Mental Health
Bibliografia
- Kickbush I, Allen L, Franz C. (2016). The commercial determinants of health. Lancet. Volume 4, Iss. 12, e895-e896, December 01. https://doi.org/10.1016/S2214-109X(16)30217-0
- World Health Organization. Commercial Determinants of Health.https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/commercial-determinants-of-health. WHO, Geneva, 2022.
- McKee M, Stuckler D. (2018). Revisiting the Corporate and Commercial Determinants of Health. Am J Public Health. Sep;108(9):1167-1170.
- Pollard MS, Tucker JS, Harold Green D. Changes in Adult Alcohol Use and Consequences During the COVID-19 Pandemic in the US.JAMA Netw Open. 2020;3(9): e2022942. doi:10.1001/jamanetworkopen
- Saraceno B. (2022). Equità, OMS e Bill Gates. Salute Internazionale 26 maggio.
- Lee K. (2023). Advancing the commercial determinants of health agenda. 401. January 7. 16-17.
fonte: saluteinternazionale.info – SOS Sanità