“Prendersi cura dei Diritti Umani e della Salute Mentale. Il tempo è ora!” La relazione introduttiva della Conferenza di Gisella Trincas

Relazione introduttiva di Gisella Trincas a nome del Coordinamento nazionale Salute Mentale

Questa nostra II Conferenza Nazionale autogestita, si tiene nel centenario della nascita di Franco Basaglia, in un momento di grave crisi del servizio sanitario nazionale pubblico, per rimarcare la nostra appartenenza a quella storia di liberazione e per difendere ancora una volta i valori e i principi della Legge di Riforma 180 che ha messo la parola fine all’internamento manicomiale, restituendo parola, soggettività e diritti di cittadinanza alle persone internate e a tutte le persone che vivono una condizione di sofferenza mentale, di disabilità ed emarginazione sociale. Donne, uomini, bambini, adolescenti, persone anziane, che appartengono alle nostre  famiglie, alle nostre comunità, verso cui abbiamo tutte e tutti noi doveri e responsabilità.

Una Legge che costituisce, per noi, un faro di civiltà e che oggi, ancora una volta, viene rimessa in discussione da forze politiche parlamentari e di governo che ripropongono una visione neo-istituzionalizzante, luoghi e pratiche di controllo sociale, esclusione e internamento senza intervenire minimanente sulle reali attuali e diffuse criticità che vivono i nostri servizi di salute mentale di comunità che andrebbero invece difesi, potenziati di risorse professionali e finanziarie e orientati verso percorsi di presa in cura condivisi e rispettosi dei diritti umani delle persone che vivono una condizione di sofferenza mentale

Mi riferisco in particolare al DDL Zaffini.

Ne cito solo alcuni passaggi. Vengono proposte nuove strutture di ricovero per l’esecuzione degli accertamenti sanitari obbligatori e l’effettuazione di osservazioni cliniche. Si prevede il prolungamento dei trattamenti sanitari obbligatori da 7 a 15 giorni rinnovabili stravolgendo il dettato della Legge 180 e i diritti inviolabili della persona. Vengono legalizzate e normate misure e trattamenti coercitivi meccanici, fisici, farmacologici e ambientali allo scopo, si dice, di impedire comportamenti auto ed eterolesivi. Stabilendo che, il Ministero dell’Interno, emani un decreto specifico da adottare di concerto col Ministero della Giustizia e il Ministero della Salute, per misure di sicurezza pubblica necessarie al contenimento degli episodi di violenza contro il personale (e addirittura i familiari). In cartella clinica, nei servizi, dovranno essere registrati tutti i comportamenti degli utenti considerati un possibile pericolo.

Il rischio di un pericoloso e inaccettabile cambio di rotta quindi.

Non più la persona al centro del suo percorso di presa in cura, con la sua storia, il suo contesto di vita, il suo bagaglio di sofferenza e difficoltà, i suoi sogni e i suoi bisogni, ma, nel nome di una ipotetica sicurezza da garantire e una presunta pericolosità sociale, si dispongono massicci provvedimenti di controllo e repressione di qualsiasi comportamento considerato fuori norma e potenzialmente pericoloso.

Non siamo più nel campo della salute ma nel campo del totale controllo sociale, della totale violazione dei diritti umani delle persone che vivono una condizione di sofferenza mentale..

Provvedimenti  che riporterebbero il nostro Paese indietro di 60 anni e che questa nostra Conferenza respingerà con la forza della ragione e del diritto.

Dalla approvazione della Legge 180, della Legge di Riforma Sanitaria 833, tante cose straordinarie sono accadute nel nostro Paese grazie ad un ampio movimento di lotta e sostegno alle leggi di riforma.

Si è dimostrato che è possibile affrontare il problema della salute mentale, anche grave (cosi come per la salute fisica), attraverso una efficiente ed efficace organizzazione di servizi pubblici territoriali, diffusi sul territorio, aperti per tutto il tempo che occorre con operatori della salute mentale adeguatamente formati e pratiche di presa in cura culturalmente orientate al rispetto dei diritti umani, alla guarigione possibile e alla emancipazione sociale. Nei luoghi della vita reale delle persone, nelle relazioni umane, promuovendo comunità solidali e inclusive, restituendo senso alla esistenza di tante persone.

Una stagione di grandi lotte che, pur tra mille difficoltà e tanti ostacoli, ha dato i suoi risultati: I due Progetti Obiettivo Nazionali, la chiusura di tutti gli Ospedali Psichiatrici, la diffusa rete di Dipartimenti di Salute Mentale con tutte le sue articolazioni territoriali.

Quando nel 2001 abbiamo partecipato alla Prima Conferenza governativa sulla Salute Mentale (da tante e tanti di noi fortemente voluta e sostenuta), eravamo orientati verso un maggiore sviluppo e rafforzamento dei servizi di salute mentale di comunità, li volevamo belli e accoglienti, ricchi di risorse professionali e culturali, capaci di accogliere la sofferenza delle persone e delle famiglie ed essere in grado di offrire percorsi di cura e di ripresa condivisi, ma essere anche punto di riferimento forte per il sistema dei servizi sociali, per la scuola, per l’intera comunità.

Servizi pubblici di salute mentale attraversabili e riconoscibili a cui affidarsi con fiducia, senza timore. E così è stato per tanti in diverse parti del Paese, non ovunque.

E, inoltre, si portava avanti l’impegno mai trascurato per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari

Poco dopo, tutto si è fermato con la riforma del Titolo V della Costituzione che ha decentrato funzioni dello Stato alle Regioni, Comuni e Province. In particolare la Sanità è stata regionalizzata con tutte le conseguenze che oggi ben conosciamo con i suoi 20 sistemi sanitari differenti e le gravissime  disuguaglianze territoriali che si sono andate a determinare in termini organizzativi e funzionali, che impattano sulla vita di ciascuno di noi e sulle vite delle persone più in difficoltà.

Da qualche parte i servizi hanno retto ma in tante Regioni abbiamo assistito, non senza opposizione, al progressivo impoverimento del servizio sanitario nazionale, del sistema dei servizi sociali e dei servizi per la salute mentale che anno dopo anno perdevano pezzi di servizi, personale  e risorse finanziarie.

Un impoverimento che ha portato progressivamente anche ad un arretramento culturale nei servizi territoriali, nelle pratiche sempre più paternalistiche, incentrate sul farmaco a vita, imposto, violando le norme sul consenso informato e minando la fiducia che deve stare alla base di una condivisa ed efficace relazione umana e terapeutica.

Ma nonostante tutto, si è riusciti a portare a compimento la più grande conquista di civiltà con la chiusura dei terribili 6 Ospedali Psichiatrici Giudiziari e la liberazione delle oltre 1000 persone che vi erano internate in condizioni disumane. Un impegno portato avanti come Comitato Stop Opg con le tante organizzazioni che lo componevano. Un impegno che si è incrociato con la straordinaria determinazione di tutti i componenti della Commissione di inchiesta del Senato sulla efficienza ed efficacia del servizio sanitario nazionale, presieduta da Ignazio Marino. Ma anche con l’impegno della Commissione Diritti Umani del Senato presieduta da Luigi Manconi e del Commissario governativo per il superamento degli OPG Francesco Corleone.

Questi passaggi mi sembra importante sottolinearli per mettere un punto fermo sul notevole lavoro che in tanti e tante abbiamo continuato a portare avanti, nonostante tutto, in difesa del servizio pubblico, per la dignità della persona, per una società più giusta, costruendo, anche in povertà di risorse, progetti e percorsi innovativi sul territorio, costruendo alleanze, mantenendo viva l’attenzione dell’opinione pubblica, interloquendo con le istituzioni, sostenendo le persone e le famiglie nei loro, nostri, diritti, senza tentennamenti, con l’orizzonte ben chiaro.

Oggi ci troviamo in una situazione complessivamente grave, sorretti però da quelle esperienze pubbliche e del privato sociale che continuano a esistere e resistere che ci inducono ad andare avanti in questa lotta per il diritto alla salute mentale e al benessere sociale di tutti e tutte, col pieno coinvolgimento attivo delle persone di cui i servizi devono occuparsi con responsabilità e umanità.

In questo centenario della nascita di Franco Basaglia, grazie alla disponibilità dell’Associazione Gian Butturini, abbiamo portato in tante parti del Paese la Mostra 100 Basaglia realizzata con le foto che Gian Butturini aveva scattato a Trieste negli anni della grande rivoluzione basagliana. Quella Mostra, e tante altre importanti iniziative che si sono tenute ovunque in Italia, sono state fondamentali per far conoscere ad un grande pubblico quella straordinaria storia di deistituzionalizzazione, testimoniando che era possibile restituire diritti e soggettività e fare a meno dei luoghi dell’internamento a vita.

La proposta di questa nostra seconda Conferenza autogestita, che si tiene a cinque anni dalla prima, e già discussa nelle assemblee con le Associazioni aderenti, si rafforza con l’Appello “Fermare una tragica nostalgia di manicomio e reagire” del 20 luglio in cui lanciamo la proposta di una mobilitazione sociale contro la deriva repressiva e neomanicomiale del DDL Zaffini, evidenziando:

  • la grave crisi che colpisce il servizio sanitario nazionale indebolito dai tagli e dal trasferimento di risorse sul privato
  • la precarietà dell’intero sistema dei servizi sociali sul territorio
  • lo stato di debolezza dei dipartimenti di salute mentale che espone le persone con sofferenza mentale e le famiglie ad una inaccettabile condizione di abbandono, di prestazioni frammentarie, prevalentemente farmacologiche, di internamento in strutture istituzionalizzanti e cronicizzanti
  • pratiche che violano i diritti umani nei luoghi della presa in cura. La più estrema delle quali è la contenzione meccanica
  • la gravissima situazione dei carceri e dei centri per migranti
  • la crescente povertà e insicurezza
  • le difficili condizioni di lavoro degli operatori e operatrici del servizio pubblico e del terzo settore che si riflettono sulla qualitò della vita delle persone

Oggi è il momento. Non si può ulterioremente tollerare la messa in crisi del servizio sanitario nazionale pubblico e dei servizi per la salute mentale che non sono più in grado, nella gran parte del territorio nazionale, di affrontare la complessità e bisogni di salute che la cittadinanza esprime lasciando le persone nell’abbandono e nell’aggravamento delle condizioni di salute e di vita.

Non servono ambulatori psichiatrici che dispensano farmaci a vita senza consenso, ma riaprire e riqualificare tutti i centri di salute mentale chiusi da scelte politiche irresponsabili svuotati di personale e di umanità. E laddove non c’era l’ombra di centri di salute mentale di comunità provvedervi con immediatezza. Le Regioni e le Aziende Sanitarie vanno richiamate ai loro compiti istituzionali: tutelare e preservare la salute pubblica, la nostra salute, il nostro ben-essere.

Siamo qui in tante e tanti, operatori dei servizi pubblici e della cooperazione sociale, familiari, tante persone che utilizzano i servizi di salute mentale, associazioni, amministratori locali, garanti delle persone private della libertà, parlamentari, giuristi, giornalisti, sindacalisti, uomini di  chiesa, docenti, cittadini sensibili alle questioni dei diritti umani, studenti.

In tante e tanti abbiamo l’esperienza e la competenza che ci puo’ portare a formulare proposte realizzabili, per il dopo Conferenza, per uscire da questa grave situazione, nel confronto che svilupperemo nelle 5 sessioni di lavoro.

Pensiamo che il cambiamento  sia possibile e questa II Conferenza lo confermerà con forza.  Non possiamo ulteriormente tollerare l’inerzia istituzionale, l’abbandono delle persone e delle famiglie, l’aggravarsi delle condizioni di salute mentale di giovani e adulti, la mortificazione degli operatori e delle operatrici,  il peggioramento delle condizioni di vita di ampie fasce di popolazione tenute in condizioni di estrema povertà.

E’ un problema di risorse finanziarie e umane ma è principalmente un problema culturale, di pratiche corrette nel rispetto dei diritti umani, di uso corretto e condiviso delle terapie farmacologiche.

E’ una questione di priorità nel corretto utilizzo delle risorse pubbliche. E la priorità sono le persone, la salute e il benessere delle persone. La vivibilità delle e nelle comunità, in una società giusta e solidale.

La priorità è la pace, vivere in pace e in salute.

E’ tempo di prendersi cura dei diritti umani e della salute mentale delle persone, di tutte e tutti noi, senza ulteriori rinvii, senza tentennamenti e palleggiamenti di responsabilità, con coraggio e determinazione.

Questo noi sosteniamo con decisione.

E’ tempo di prendersi cura dei diritti umani e della salute mentale di un popolo.

E il tempo è ora.

Conferenza Salute Mentale 2024 – La Relazione introduttiva di Gisella Trincas

Gisella Trincas
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