Ringrazio Giuseppina Paulillo e Fabio Dito per l’organizzazione di questi seminari*. Un ringraziamento a tutti i relatori e ai 160 partecipanti.
Dall’incontro è emerso con chiarezza il bisogno di dialogo, di connessioni, di riflessioni comuni riprendendo quel lavoro che avevamo iniziato diversi anni fa con un informale Coordinamento delle REMS e dei Dipartimenti di Salute Mentale.
E’ un’attività da rilanciare, per scambiarsi materiali, strumenti, produrre dati corretti e documenti, fare cultura e teoria a partire dalle pratiche. La giornata di oggi ad esempio è stata ricca di interessanti proposte, osservazioni, nodi critici e riflessioni. Un’operazione tanto più rilevante nel momento in cui da due anni circa mancano una regia e un osservatorio nazionale che pure era stato istituito.
Pur essendo questo un ambito professionale, è molto utile anche la proposta di un coordinamento tra le Regioni e i PUR visto che tra l’altro è cessato il gruppo di lavoro presso Agenas costituito nel 2021 per affrontare il tema delle liste di attesa ed in particolare delle detenzioni sine titulo. Ambiti di lavoro interessanti vi sono nell’Accordo Stato Regioni del 30 novembre 2022.
Credo che a distanza di quasi 10 anni dall’approvazione della legge 81/2014, il tema dei pazienti con disturbi mentali autori di reato, prima di entrare nel merito di alcuni aspetti psicopatologici, imponga una riflessione più ampia di tipo culturale.
Nel contesto sociale si assiste ad un’espansione dell’azione giudiziaria invocata e indicata come la via principale per risolvere i diversi problemi. Ciò ha effetti rilevanti sul numero delle persone detenute, passate secondo i dati del ministero della Giustizia, nel corso del 2023 a 60.166 (di cui 9.259 in attesa del primo giudizio) contro le 56.196 di un anno prima. Un aumento del 7%. Al 31 gennaio 2024 erano 60.637.
Non è solo questione di numeri ma anche di sensibilità: negli Istituti di Pena vi sono 20 madri e 21 bambini nonostante vi fosse un impegno del precedente parlamento a superare completamente queste situazioni.
Vi è anche un aumento dei minori ospiti degli Istituti Penitenziari Minorili che hanno superato i 500 (519 al 15 febbraio 2024) a mentre oltre 21.700 sono in carico ai Servizi della Giustizia Minorile.
Al 31 gennaio 2024 le persone seguite nell’Area Penale Esterna erano 86.340 contro le 73.982 del 2022 con un incremento del 16,7%. Sono aumentate tutte le tipologie di misure[1] e ai fini del nostro discorso occorre segnalare che la libertà vigilata è arrivata a 4.892 rispetto a 4.540 del 2022 segnando un incremento del 7,7%. Va tenuto presente che le persone in libertà vigilata prima della legge 81 erano 3.342 nel 2013 e 2.031 nel 2011.
Di particolare rilevanza è la condizione dei c.d.” liberi sospesi’, cioè di persone condannate a una pena detentiva fino a 4 anni che chiedono una misura alternativa al carcere e restano liberi ma in un limbo in attesa di una decisione del Tribunale della Sorveglianza che può intervenire anche dopo anni magari quando le persone si sono ricostruite una vita. A fine 2023 in Italia i ‘liberi sospesi’ erano 90.120.
In questo contesto che vede un’espansione dell’azione penale con incrementi in ambito detentivo e soprattutto sul territorio vanno inseriti anche i dati relativi ai pazienti con disturbi mentali autori di reato.
Come ha ben ricordato Giuseppe Nese il numero delle persone in lista di attesa del sistema SMOP è diverso da quello fornito dal DAP (circa 700). La correttezza del dato è fondamentale per analisi appropriate e per evitare distorsioni e strumentalizzazioni.
Quindi i confronti tra giustizia e politica, tra il sistema SMOP, le Regioni, DAP, il Garante dei diritti delle persone private della libertà, Associazione Antigone possono dare rappresentazioni diverse del fenomeno.
Tuttavia si deve riconoscere che la chiusura degli OPG è un fatto epocale che richiede un ulteriore percorso ma segna in sé stessa un avanzamento significativo. Pur con tutte le difficoltà e l’aumentato carico dei servizi credo che in relazione ai temi giudiziari non corrisponda al reale stato delle cose il vissuto di invasione, sottomissione alla giustizia, di fallimento.
I problemi che la legge 81 ha evidenziato erano in larga misura preesistenti, alcune prassi erano già presenti… Essa ha segnato un riavvicinamento tra psichiatria clinica e forense che qualcuno vorrebbe di nuovo in ambiti diversi e distanti? Fino ad un nostalgico ritorno agli OPG?
Quale è il senso della pena, delle misure giudiziarie? Mandati di cura e di custodia? Lista di attesa è un problema o limite da porre anche in ambito detentivo?
Non vi è tempo per entrare nel dettaglio ma credo occorra approfondire, riflettere e giungere ad una riforma organica.
Sul piano dei dati si può dire che vi sono 632 persone in REMS, di cui circa la metà con misure di sicurezza definitive, un 40% provvisorie e 10% ex articolo 219 c.p. (seminfermi che hanno già scontato la pena.). Molto si può fare per appropriatezza e turnover. Le persone detenute sine titulo sono 42. Anche una è troppo. Nel territorio e nelle residenze sono seguite secondo stime circa 6.000 persone con misure giudiziarie. Per quanto rilevanti non siamo di fronte ad un’invasione, ad fallimento totale o persino ad una catastrofe ma ad una sostanziale tenuta del sistema.
Infatti, questi dati assumono ben altro rilievo se paragonati da un lato al numero dei detenuti (oltre 60 mila) e delle persone seguite dall’Area Penale Esterna (86 mila circa) e dall’altro con l’utenza complessiva dei DSM (circa 800mila persone). Rispetto a questo rappresentano l’1% delle persone seguite.
Nel complesso sembra che il fenomeno sia gestito e con tutti i problemi emersi anche oggi, il sistema sta maturando, le buone prassi di collaborazione con la magistratura e UEPE si stanno consolidando e non si sta ampliando la rete residenziale psichiatrica.
Lo dico, pur sapendo delle differenze regionali in termini di risorse, di carico di lavoro e dell’uso improprio dei servizi problemi che vanno affrontati, ma per contrastare improprie drammatizzazioni, una distorsione cognitiva e affettiva che tende a determinare una deviazione del mandato il quale, senza alcun dubbio, deve restare quello di cura.
Se la linea è quella di criminalizzare disagio, conflitto, dissenso ampliando l’azione penale a scapito di quella sociale, educativa e sanitaria, la salute mentale e la psichiatria hanno una funzione culturale e tecnico scientifica per prevenire la psichiatrizzazione del disagio e non assumere impossibili mandati di tipo custodiale e repressivo. Né in assenza di reati si devono punire la malattia o le ricadute.
Occorre opporre ad un giustizialismo penale o una giustizia e psicologia popolare la cultura costituzionale, dei diritti, la cultura scientifica, le pratiche dialogiche, di emancipazione, no restraint e recovery.
La psichiatrizzazione del disagio, tra l’altro, alimenta lo stigma in quanto attribuisce alle persone con disturbi mentali tutti i problemi che si hanno in ambito detentivo (suicidi, aggressioni, rivolte) e sociale (ad esempio la lettura dei femminicidi come dovuto ai persone con disturbi mentali). Ciò non è né corretto né utile ad affrontare un problema complesso, quella della salute negli istituti di pena e nella comunità, che ha molteplici determinanti comprese le stesse istituzioni.
Se vi sono segnali di una fase di neoistituzionalizzazione non solo degli autori di reato, ma anche degli anziani, disabili, migranti credo che la psichiatria debba operare per la deistituzionalizzazione, come prevede anche un recente Linea Guida delle Nazioni Unite,[2] restando dalla parte dei diritti e delle leggi 180, 18/2009 e 219/2017.
Quindi, per ragioni tecnico scientifiche, deontologiche e organizzative, occorre rifiutare di assumere il mandato custodiale ed evitare che a forza di insistere sulla indimostrata pericolosità dei malati mentali e la posizione di garanzia dello psichiatra si realizzi un effetto Rosenthal per cui le invocate necessità custodiali diventano la classica profezia che si autoavvera. Insistere su custodia e coercizione come risposta ad enfatizzate paure dei pazienti psichiatrici porta a deformare il mandato di cura, a demotivare e spaventare gli operatori e ad aggravare lo stigma verso i malati mentali.
A questo proposito è assai significativo il recente editoriale di The Lancet del 17 febbraio 2024[3] che ha rilevato il sostanziale fallimento del sistema britannico di salute mentale basato sul risk assessment e sui trattamenti coercitivi nella comunità. Infatti, essi non hanno impedito il crescente ricorso al ricovero obbligatorio e hanno aumentato stigma e discriminazione, specie verso le persone appartenenti a minoranze etniche e culturali, e determinato demotivazione e indifferenza negli operatori. Un monito per chi pensa che il riferimento al modello inglese possa essere utile anche per il nostro Paese.
D’altra parte come dimostra la letteratura non vi sono elementi che avvalorino le politiche restrittive e coercitive verso i malati mentali e gli psichiatri hanno capacità predittive e preventive[4]. Credo che questo debba essere sostenuto con la forza delle evidenze scientifiche e con un’attenzione ai diritti delle persone con disturbi mentali, ancora non pienamente riconosciuti.[5] Diritti che per essere esigibili richiedono norme, organizzazione, risorse e un patto sociale condiviso per l’inclusione di tutte le persone. Quindi una società che non ripropone emarginazione ed esclusione da un lato ed un incremento delle diseguaglianze dall’altro.
In questo la psichiatria si confronta con il potere e con il sociale comprese le attese e le tensioni familiari e delle comunità ma anche interne ai servizi di salute mentale. Una situazione che se non sostenuta può essere un ulteriore fattore di involuzione.
Tuttavia la salute mentale di comunità italiana ha le competenze per indicare come si promuove la salute compresa quella mentale, quali sono i determinanti sociali come per altro indica da anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità. La via della neo istituzionalizzazione non produce maggiore salute e sicurezza oltre ad essere lesiva dei diritti delle persone ed altamente costosa. Da questo per il nostro Paese dovrebbe derivare un atteggiamento critico, equilibrato, misurato e attento a comprendere le ragioni che alimentano spinte verso la neo istituzionalizzazione trovando le risposte adeguate. Queste vanno pensate regione per regione in quanto come detto vi sono ampie differenze regionali. Sarebbe assai grave che ad ispirare modifiche legislative nazionali fossero solo le situazioni delle regioni in condizioni più critiche (il 70 % delle liste di attesa riguardano come noto 5 regioni).
Sul piano della psicopatologia i dati sugli ospiti della REMS di Bologna, come riportava Angelo Fioritti, sembrano indicare una relativa riduzione delle persone con disturbi dello spettro psicotico ed un aumento di disturbi della personalità, psicopatia, uso di sostanze, disabilità intellettiva. Nell’esperienza della REMS di Parma l’andamento è simile anche se meno accentuato (i disturbi dello spettro psicotico sono il 65%).[6]
Dalle anamnesi in molti casi emergono problemi di attaccamento ed esperienze sfavorevoli dell’infanzia, povertà economiche, relazionali educative, fallimenti dei progetti migratori e scolastici che portano ad una limitazione dell’Io e a disabilità funzionali e cognitive. Spesso vi sono condizioni di isolamento, solitudine, abbandono e contesti devianti. Sarebbe molto utile avere dati epidemiologici nazionali, nonché di processo e di esito. A ciò dovrebbe servire un Osservatorio anche per avere una stima di efficacia e dei costi.[7]
I servizi di salute mentale sono sempre più investiti anche da problemi relazionali, conflittualità familiari e dal c.d. Codice rosso ma anche da reati c.d. bagatellari espressione di disagio sociale.
Una complessità che va affrontata con interventi olistici, biopsicosociali, ambientali e culturali, evitando semplificazioni incentrate sulla mera diagnosi categoriale e forse sul funzionamento psicosociale ed un intervento per quanto importante solo psicofarmacologico.
Su questo linee guida danno indicazioni e vi è quindi la necessità di migliorare sia sul piano valutativo con strumenti adatti al contesto italiano[8] e migliorare le attività peritali[9] e degli interventi. A questo proposito già all’apertura della REMS per sottolineare il mandato di cura, l’unico realizzabile, avevamo cambiato l’acronimo in Relazioni-Recovery, Evoluzione, Motivazione, Speranza-Sicurezza.[10] Accoglienza non giudicante, ascolto, rispetto sicurezza co-costruita nella responsabilità reciproca e nella libertà.[11]
Se si tiene conto che il 70% dei pazienti autori di reato è noto ai servizi, la questione della presa in cura, dell’adesione e della partecipazione è cruciale. Occorre promuovere la pianificazione condivisa delle cure, agire sui processi motivazionali, ampliare le possibilità e i diritti, restando a fianco e sostenendo le persone e le famiglie, i loro contesti di riferimento.
Questo implica lavorare non solo sui disturbi ma anche per superare i microdeterminanti sociali della salute. Per altro ricordo che la legge 81 ai fini dell’applicazione delle misure di sicurezza detentive prevede che non si debba tenere conto delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo” (comma 2, punto 4 art 133 c.p.)
Dando quindi seppure indirettamente indicazioni affinché queste condizioni in ambito sociale vengano affrontate e risolte. Le persone hanno bisogni coesistenti e molteplici risorse: da questo occorre partire per interventi che siano sempre inter istituzionali e lavorare per l’estensione dei diritti. In questo quadro il riconoscimento del diritto all’affettività delle persone detenute avvenuto con la sentenza 4 /2024 della Corte Costituzionale rappresenta un punto di grande rilevanza. L’applicazione dei diritti all’identità, alla formazione, lavoro, case per le misure alternative sono essenziali per superare il senso di inconcludenza, disperazione, inutilità di utenti e operatori. Occorre lavorare per costruire prospettive di senso, speranza, futuro proprio laddove sembrava impossibile. Per questo altre misure vanno implementate: la messa alla prova, i lavori di pubblica utilità, le misure alternative di comunità, il trattamento dei condannati in stato di libertà, la giustizia riparativa.
Occorre completare la riforma rendendo fruibili nelle pratiche anche per i pazienti con disturbi mentali tutti questi strumenti, riconoscendo la piena imputabilità (Riforma Magi pdl 1119/2023)[12], la responsabilità della persona e in uno spirito garantista, abolire le misure di sicurezza provvisorie e porre un termine alla libertà vigilata talora prorogata sine die. Al contempo, per migliorare le possibilità di cura, è necessario superare completamente la posizione di garanzia dello psichiatra in favore del privilegio terapeutico dello psichiatra e di una responsabilità istituzionale.
Credo occorra procedere anche ad un rilancio dei DSM (come previsto dalla pdl 1123/2023 Serracchiani ed al.) anche mediante la creazione di nuovi modelli di servizi di cura e giudiziari di comunità e prossimità che consentano di superare le REMS e i loro residui custodiali operando nel territorio e sui determinanti sociali della salute. Per questo è essenziale lavorare con magistratura, avvocatura, UEPE, servizi sociali riportando allo psichiatra il potere di ammettere e dimettere dalle strutture sanitarie. Tante sono le esperienze in atto: Comunità terapeutica democratica (Barone[13]), modello Spinazzola (Lombardo[14]) ed al.
Dobbiamo riprendere un protagonismo professionale sulla scena pubblica e al contempo migliorare le competenze comprese quelle peritali e i metodi di trattamento. Certo servono altre risorse ma intanto utilizziamo quelle disponibili nelle Aziende e nei DSM costituendo anche Unità di Psichiatria Forense e operando nella comunità, a partire dalle persone, utenti, familiari, volontari, cittadini. La questione non è solo tecnica ma implica cultura, una visione sociale e una formazione congiunta.
Tutti hanno un compito nella salute mentale. A distanza di quasi un anno dall’omicidio della psichiatra Barbara Capovani ancora molto resta da fare per la sicurezza delle cure e degli operatori. In attesa di norme (depenalizzare l’atto medico, abolire la posizione di garanzia) e di risorse nazionali che non ci stanchiamo di chiedere, un piano per la sicurezza dovrebbe essere predisposto e applicato in ogni DSM.
Non sottovalutiamo la nostra forza scientifica, culturale, motivazionale ed etica e difendiamo con determinazione il mandato di cura, e le condizioni per realizzare la salute mentale avvalendoci delle migliori conoscenze. Dobbiamo evitare di regredire ad una psichiatria povera, restraint ma operare per il suo superamento e guardare con fiducia al futuro. L’impossibile si può fare, insieme.
Pietro Pellegrini: Direttore Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche Ausl di Parma – *conclusioni di un incontro sulle REMS tenutosi il 7 marzo a Parma. Titoo originale dell’intervento: “Aspetti psicopatologici nell’ingresso in REMS: criticità a confronto tra le REMS di diverse regioni italiane”
[1] Le misure alternativa al 31.12.2023 sono 41.845 (vs le 35.802 del 2022), messa alla prova 26.657 (vs 24.255 del 2022), sanzioni di comunità 10.736 (vs 9.276 del 2022).
[2] Nazioni Unite Comitato sui diritti delle persone con disabilità Linee guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza. Adottato nella ventisettesima sessione 15 agosto 9 settembre 2022. https://www.ohchr.org/sites/default/files/2023-10/Guida-sulla-deistituzionalizzazione-Italian.pdf.
[3]https://www.thelancet.com/action/showPdf?pii=S0140-6736%2824%2900308-8
[4] Nivoli A.Milia P. Dpalmas C. Nivoli C. Biondi M., Taras G, Lorettu L. Sulla psichiatrizzazione e imprevedibilità del comportamento violento sulla persona. Suppl. 1 Riv.Psichiatr 2020, 55 (6): 33-39
[5] Pellegrini P., Giuseppina Paulillo, Cecilia Paraggio, Clara Pellegrini, Lorenzo Pelizza, Emanuela Leuci Persone con disturbi mentali in ambito penale. Diritti e doveri: molto resta da fare! L’Altro, Anno XXIV, n. 2 Luglio Dicembre 2021, 25-30
[6] REMS di Casale di Mezzani: Sei anni e mezzo di esperienze e nuovi Modelli Operativi Giuseppina Paulillo, Cecilia Paraggio, Ilaria De Amicis, Pietro Pellegrini, Ausl di Parma, 2021 file:///C:/Users/Utente/Downloads/relazione%206%20anni%20in%20REMS%2029%20dicembre%202021%20(2)%20(3).pdf
[7] Per l’Ausl di Parma 36 pazienti con misure giudiziarie di cui 3 in REMS e 19 in Residenze portano ad un costo annuale di circa 1,4 milioni di Euro.
[8] Pelizza L, Paulillo G., Maestri D., Paraggio C., De Amicis I., Mammone E., Scarci M., Leuci E, Pupo S., Pellegrini P. Psychometric properties of the Parma Scale for the treatment evaluation of offenders with mental disorder: A new instrument for routine outcome monitoring in forensic psychiatric settings. International Journal of Law and Psychiatry Volume 84, September–October 2022, 101828 https://doi.org/10.1016/J.IJLP.2022.101828
[9] 212) Pellegrini P., G Paulillo, Pelizza L., Pellegrini C., Scarpa F. Cozza M., Barone R., Imperadore G., Castelletti L. Applicazione della legge 81/2014: alcune note di orientamento per i Periti Psichiatri, L’Altro, Anno XXIV, n. 1 Gennaio-Giugno 2021, 28-34
[10] Pellegrini P. “Per una psichiatria senza ospedali psichiatrici giudiziari” Ed. Franco Angeli, 2015
[11] Pellegrini P. Liberarsi dalla necessità degli ospedali psichiatrici giudiziari. Quasi un manuale”, Edizioni alphabeta Verlag, Merano 2017
[12] Abolizione della pericolosità sociale e delle misure di sicurezza e creazione di un sistema alternativo alla detenzione in caso di condanna. Rotelli F. “Tagliare ancora la testa al re” (1984) in “Quale psichiatria?”, Alphabeta Verlag 2021
[13] Barone R., 2020 Benessere mentale di comunità Franco Angeli Editore Milano
[14] Lombardo G. De Corato G. Gli imperdonabili e il diritto alla bellezza Il modello Spinazzola. Percorsi di cura e di vita di pazienti psichiatrici autori di reato, Erickson 2023