E’ vero, la legge 180 è ancora qui a fissare il principio della separazione tra funzione di cura e funzione di custodia.
Tuttavia dobbiamo constatare che ancora oggi parte della psichiatria custodisce piuttosto che curare.
Troppi TSO. Troppe perizie che si concludono con la misura di sicurezza di tipo carcerario. Troppe contenzioni, siano esse chimiche, spaziali o meccaniche.
Il pregiudizio che molti condividono è quello della ineluttabilità del restraint. Custodire oggi per, forse, curare domani. Sotto sotto si riconosce l’idea che custodia e punizione educhino.
Come ogni pregiudizio esso si basa su di un fondamento ideologico. Spetta alla realtà contraddirlo.
La realtà dei servizi, anche ospedalieri, gli spdc, che curano senza legare né con le cinghie nè con i farmaci nè con le porte chiuse smentisce nella pratica quotidiana quel pregiudizio. Queste realtà seppur limitate a pochi territori sono ubiquitarie. La più a nord a Merano, la più a sud a Caltagirone.
Vivono grazie alla motivazione ed alla competenza degli operatori che vi sono coinvolti e grazie al riconoscimento ed al sostegno di chi i servizi li utilizza e di chi rappresenta le istituzioni locali e l’opinione pubblica.
I soci del club no restraint sono per lo più operatori dei servizi.
Per questo non ci si può accusare di essere un movimento antipsichiatrico. Diremo piuttosto che lo specifico psichiatrico ci va stretto. E pertanto tutte le volte che non abbiamo la risposta sentiamo la necessitàdi andare oltre. Sfondare i mansionari, formare nuove competenze in modo da corrispondere ai bisogni di salute mentale, e liberarci dal mandato custodialistico.
Le storie di questi processi culturali, organizzativi e formativi attraverso cui gli spdc si sono liberati dalla necessità delle contenzioni confluiscono nel club degli spdc no restraint e sono a disposizione di quanti abbiano interesse ad apprendere come si può fare.
Oramai parecchi anni fa il “Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti/punizioni inumani o degradanti” pose al Governo Italiano la questione delle contenzioni fisiche negli spdc. La questione fu trasferita alle Regioni, per la loro competenza ed esse adottarono le raccomandazioni per una possibile strategia di prevenzione della contenzione fisica.
Obiettivo finale delle Raccomandazioni era che tutte le Regioni si attivassero per introdurre nell’assistenza psichiatrica le modificazioni (di conoscenze, di atteggiamenti, di risorse, di gestione, di organizzazione) in grado di portare al valore zero, in modo stabile e sicuro, il numero delle contenzioni praticate nei Servizi di Salute Mentale.
-consapevolezza che la prevenzione dei comportamenti violenti è una condizione per rendere efficace la cura;
-consapevolezza che la contenzione è un atto anti terapeutico, rende cioè più difficile la cura piuttosto che facilitarla;
-consapevolezza che rispondere alla violenza con la violenza non paga.
Nel 2017 richieste da parte dello stesso Comitato Europeo di descrivere i risultati ottenuti si mostrarono in larga parte inadempienti. Alcune regioni non avevano fatto nulla nemmeno il monitoraggio della situazione (Abruzzo, Basilicata, Sicilia, Sardegna). Altre riferivano di avere delegato le organizzazioni sanitarie locali, o se avevano dato una indicazione regionale ad essa non era seguito alcun monitoraggio (Val d’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Piemonte, Veneto, Liguria, Marche, Lazio, Molise, Campania, Toscana, Umbria).
In sostanza la maggior parte delle Regioni ha continuato a non “vedere” le contenzioni, perchè vedere avrebbe obbligato ad agire.
Solo alcune eseguivano un monitoraggio del fenomeno ed avevano emesso linee guida per eseguire correttamente la contenzione meccanica (P.aTrento,, Lombardia, Emilia-Romagna, Puglia).
Solo una aveva adottato linee guida per non contenere ed aveva conseguito il risultato di azzerare le contenzioni nei servizi di salute mentale, tanto da porsi l’obiettivo di azzerarle in tutte le strutture sanitarie e socio assistenziali (Friuli-Venezia Giulia).
Il mandato custodialistico, infatti, è ben presente anche negli ospedali e nelle residenze. Si pensi all’uso della contenzione meccanica che dalle medicine e dalle geriatrie tracima nelle RSA.
E’ apprezzabile da questo punto di vista l’iniziativa della ATS della Brianza che nel 2019 ha posto l’obiettivo “Brianza libera da contenzioni”.
Tuttavia il quadro lombardo non è confortante.
La Lombardia, secondo i dati del monitoraggio ufficiale, nel primo semestre del 2019 vede sottoposte a contenzione meccanica il 12,7% delle persone ricoverate in SPDC.
Nel 2009 la percentuale rilevata era praticamente la stessa (12,83%) e nel 2015 era addirittura del 10,15% pari a 1549 persone. Ciò significa che in Lombardia nel 2019 le probabilità di essere contenuti non sono diminuite e che più di 1500 lombardi sono stati sottoposti a contenzione meccanica, con danni, anche mortali, alla propria salute.
Tra questi 1500 vi era Elena Casetto ricoverata nel spdc di Bergamo dove è morta bruciata mentre era contenuta e chiusa nella sua stanza. Era il 13 agosto 2019.
Nel primo anniversario della morte di Elena, il Comitato promotore di Bergamo libera da contenzione ha inviato una lettera aperta alla stampa e alle istituzioni di Bergamo.
Scrive il Comitato: “Da quel 13 agosto sembra passato un tempo infinito. In questi mesi tante altre morti hanno devastato Bergamo. Il Covid 19 si è abbattuto sulla città. La comunità ha subito sofferenze indicibili, drammatiche perdite di donne e uomini, morti spesso senza la vicinanza di una persona cara. Ora la città con la forza e tenacia dei suoi cittadini si sta risollevando. Ma le ferite restano aperte, il dolore e la sofferenza rimangono. Come rimane il dolore per Elena che, ad un anno dalla sua morte, vogliamo non dimenticare. Elena che scriveva poesie, che voleva studiare a Londra, che chiedeva aiuto per il suo dolore.”
Durante il grande confinamento milioni di italiani hanno fatto esperienza in forme differenti di isolamento personale e limitazione della libertà di movimento. Ciò dovrebbe averli resi più sensibili al tema e, forse, recettivi rispetto al fatto che anche in condizioni di “normalità” vi sono gruppi di persone per cui continua lo stato d’eccezione, e vengono confinati ed anche contenuti fisicamente nelle RSA , negli SPDC e nelle residenze psichiatriche.
L’esperienza della pandemia ha mostrato quanto inadeguata sia una risposta basata sul pronto soccorso e sui reparti di terapia intensiva ospedalieri. Questa organizzazione risponde alla stessa logica per cui il fulcro dell’assistenza alle persone con problemi di salute mentale sono le residenze e per gli anziani le RSA .
Come giustamente viene scritto nel documento “STRUTTURA INDICE PIANO REGIONALE SALUTE MENTALE E DIPENDENZE vi è equità tra Salute Fisica e Salute Psichica. Tuttavia non basta rivendicare più risorse per la salute psichica. E’ necessario, piuttosto, che le risorse future, che non saranno poche, siano utilizzate per cambiare tutta l’organizzazione sanitaria che non può più avere al centro l’ospedale. Se una struttura deve essere presa a riferimento, essa deve essere la casa, il domicilio della persona. Prossimità, accessibilità, tempestività saranno le parole chiave.
Da questo punto di vista penso al Servizio psichiatrico di diagnosi e cura come a uno spazio accogliente e protetto, una retrovia dove, chi ne abbia la necessità possa ritirarsi, quel tanto che serve. Per poi tornare sul fronte, nella vita reale. Non da solo ma con al fianco altri servizi, quelli territoriali che sappiano giustapporre progetto di vita e progetto di cura.
Così configurato lo spazio ospedaliero dovrebbe saper accogliere la crisi, consentire di elaborare la sconfitta per ridefinire nuovi traguardi.
Il rispetto della persona, dei diritti umani, dovrebbe essere premessa necessaria a qualsiasi iniziativa di cura.
Ecco che allora non ci possiamo più accontentare di monitorare. Di osservare, come si scrive nel documento citato prima, che vi è una “implementazione “a macchia di leopardo” delle procedure organizzative per la riduzione della contenzione e assenza di criteri omogenei sia tra SPDC afferenti a diverse strutture dipartimentali che all’interno dei singoli SPDC.
Nè l’obiettivo può essere quello di “implementare le procedure per la riduzione delle contenzioni”.
Una analoga osservazione circa “ la marcata variabilità nell’uso della contenzione fra servizi che pure insistono su territori con caratteristiche e tipologie di utenza simili” è stata fatta nel 2015 dal Consiglio Nazionale di Bioetica (CNB) che ne ha tratto la seguente conclusione : “la cultura e la organizzazione dei servizi, più che la tipologia dell’utenza, giocano un ruolo decisivo nell’uso della contenzione”. Il CNB indicava che per evitare il ricorso alla contenzione fosse rilevante la buona organizzazione dei servizi territoriali, aperti tutto il giorno, spesso anche 24 ore, con forti reti di integrazione e collegamento.
Questo è il cambio di passo che ci aspettiamo dal Piano Salute Mentale lombardo.
Ma nell’immediato l’azzeramento delle contenzioni deve essere l’obiettivo minimo. Sul raggiungimento di tale risultato va misurata la performance dei direttori generali.
E se il monitoraggio mostra la “macchia di leopardo”, le differenze nel numero di contenzioni tra gli spdc devono essere rese pubbliche.
Se in un spdc non si eseguono contenzioni meccaniche, se in un altro una persona su dieci viene contenuta, e se in un altro ancora una persona su tre corre questo rischio, il cittadino deve sapere qual’è il rischio relativo al spdc in cui potrebbe essere ricoverato.
Le indicazioni circa l’obiettivo “contenzioni zero” e la trasparenza del monitoraggio possono essere date anche domattina dal decisore regionale. Esse rappresenterebbero un segnale concreto verso il cambiamento di paradigma.
Per liberarci dalla necessità delle contenzioni il percorso non sarà né breve né rettilineo. Ci vorrà tanta formazione , scambio di esperienze, riorganizzazione degli spazi e soprattutto andrà ripristinata la rete sociosanitaria ora piccola e dispersa, tuttavia la direzione va indicata sin da subito. L’obiettivo contenzioni zero ci dice che non ci si appresta all’ennesimo tentativo di migliorare ciò che c’è e può avere, nel complesso mondo della cura, l’effetto del battito d’ali della farfalla.
L’autore è Presidente Club Spdc No Restraint
Intervento alla conferenza regionale sulla salute mentale in Lombardia “è tempo di cambiare” – Milano 2 ottobre 2020
il video della Conferenza regionale