Quando slegavo Ada. di Giada Cola
Quindici marzo. Fuori è scoppiata una pandemia che affanna i polmoni e riempie gli obitori di cadaveri. Sono così tanti che non si sa più dove metterli e la gente deve vegliare i propri cari in solitudine. Per strada la gente si accarezza con gli occhi. Curva le labbra sotto le ultime mascherine rimaste. Nel metro che separa gli uni dagli altri c’è un silenzio immobile, carico di gesti di affetto che è meglio tenere per sé ancora un po’. Intanto il Paese perde i suoi vecchi. Con loro se ne vanno il culto dei morti e le memorie più remote e tenaci, quelle cheLeggi altro →