Quanto peserà la pandemia sulla vita delle persone con sofferenza mentale?
Sono presidente della Cooperativa Sociale Arte Musica e Caffè, che nel 2008 – nel pieno della “scorsa” crisi economica – ha dato vita a “Lo Sfizzicariello”, gastronomia sociale sita in corso Vittorio Emanuele 400 a Napoli, gestita da persone con disagio psichico (soprattutto psicotici e schizofrenici). Il tutto in modalità di autofinanziamento e di impresa sociale. Quindi da 12 anni ci siamo sostenuti con il nostro lavoro e con il nostro venduto che consiste soprattutto in prodotti gastronomici da asporto, infatti siamo un classico take away di cucina napoletana.
La nostra attività funziona da tanti anni soprattutto perché affrontiamo insieme le varie avversità e perché la nostra vision è combattere la solitudine che per noi utenti della salute mentale – dico noi perché quando un congiunto sta male è tutta la famiglia che ne soffre – la viviamo nel pieno senso tragico del termine.
Ebbene questa pandemia ci restituisce tutto ciò contro cui abbiamo combattuto per tanti anni. Ho fatto di tutto per tirare fuori di casa i soci della cooperativa e chi frequenta le nostre attività combattendo lo stigma sociale, la paura dentro di noi di vivere, l’aggressività non solo a parole di chi non conosce la nostra sofferenza e fragilità e dopo tanto lavoro questa pandemia vuole proprio il distanziamento sociale e la diffidenza della persona vicina distruggendo tutto ciò che è relazionale e spirituale.
Ad esempio mio fratello Luigi è abituato che in caso di crisi d’ansia o peggio di panico, esce di casa e si fa lunghe passeggiate. Immaginate in questo periodo di quarantena con la polizia che controlla le persone per strada, cosa potrebbe succedere se venisse fermato e cosa potrebbe accadere trovandosi in uno stato di paura e confusione. E sto parlando di mio fratello che in un certo modo ha trovato un suo equilibro, pensate a chi non è riuscito a farlo come sta vivendo questa situazione e come stanno vivendo con preoccupazione le loro famiglie o i genitori.
Inoltre abbiamo dovuto chiudere lo Sfizzicariello – ricordiamo che in Campania è proibita anche la consegna a domicilio di prodotti cucinati – e quindi la pandemia rischia di minare i due pilastri alla base della filosofia inclusiva dello Sfizzicariello: lavoro e relazioni sociali.
Sarà complicato riattivare il locale, non solo per motivi finanziari ma soprattutto nel motivare e convincere le famiglie e i soci a ritornare a ciò che facevamo prima.
È un momento che come sembra durerà a lungo, che deve essere risolto con soluzioni che permettano un ritorno alla relazione. In questo momento le istituzioni, la politica, i corpi intermedi e anche il mondo della cultura si sono posti prioritariamente il problema sanitario ed economico/finanziario, nulla da eccepire ma a mio avviso e forse prima ancora si doveva iniziare a ragionare e a organizzarsi per l’aspetto sociale e relazionale.
Invece se ne parla ma si fa poco e questo avrà un impatto sociale negativo di portata gigantesca che supererà come danni sul medio e lungo periodo di cui prima di molto. Immaginate tutti i costi sanitari, sociosanitari e sociali che ci saranno per anni se non iniziamo sin da subito a muoverci con enormi investimenti e quindi come classe dirigente. Infine in questa nuova epoca del distanziamento sociale, il non intervenire dal punto di vista psicologico e della reciprocità, crollerà la stessa economia reale che come tutti sanno si basa soprattutto sulla fiducia nell’altro.
Quindi non solo è giusto eticamente e moralmente ma è interesse di tutti che si investa in risorse finanziarie e umane per un miglioramento della qualità della vita delle persone più vulnerabili.
Carlo Falcone
La lettera è stata pubblicata su “Il Mattino” del 7 aprile 2020
https://www.facebook.com/Sfizzicariello/
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