In Italia, i rari standard di riferimento reperibili nelle normative regionali sono puntualmente disattesi, anche quando attengono a criteri per l’accreditamento dei servizi.
Essendovi una stretta correlazione tra la consistenza numerica del personale in servizio e la capacità assistenziale che i servizi esprimono (al netto naturalmente delle caratteristiche “naturali” delle reti sociali e di sostegno non psichiatriche esistenti sui territori) è possibile assumere che questa estrema flessibilità costituisca una strategia non esplicita di governo della domanda. In altri termini, la riduzione del personale determina una selezione a maglie sempre più strette dei bisogni che saranno “presi in carico” dai servizi pubblici, con il conseguente dirottamento di una quota sempre più rilevante di utenza a strutture e professionisti privati.
Anche le caratteristiche dell’intervento assumeranno dimensioni e tempi sempre più limitati, nel maldestro tentativo di traslare alla Salute Mentale di Comunità un’aspirazione turbo-prestazionale di stampo vetero-fordista, e privilegiando approcci fondati sulla polarità “visita ambulatoriale-ricovero” che riconoscono nel farmaco lo strumento d’azione privilegiato.
L’articolo, pubblicato nel Volume “Lineamenti di Management in Psichiatria”, a cura di W. Di Munzio per Idelson Napoli, è consultabile al link Domanda di salute mentale e capacità di risposta dei dsm italiani.
fonte: SIEP + SOS Sanità