IL REPORT DELLA TAPPA DI ZUGLIANO (UD): le testimonianze di chi ha vissuto l’esperienza di sofferenza. di Allegra Carboni

Nel 1979 in Conferenze brasiliane Franco Basaglia scriveva di quanto fosse importante convincere: «Nel momento in cui convinciamo, noi vinciamo, cioè determiniamo una situazione di trasformazione difficile da recuperare.» L’incontro tenutosi presso il Centro Balducci di Zugliano in vista della Conferenza Nazionale per la Salute Mentale è stato decisamente convincente: una lezione di democrazia, un momento di condivisione e di profonda riflessione sulla strada da perseguire, nella cornice fornita da un luogo di accoglienza e di promozione culturale.

Chi di certo non si è lasciato convincere dalla moltitudine dei partecipanti è stato il vicegovernatore Riccardo Riccardi, intervenuto tra i primi, subito dopo il sottosegretario Zoccano, e tra i primi anche ad abbandonare i lavori della conferenza per altri impegni istituzionali. Nonostante il poco tempo che Riccardi si è ritagliato per prendere parte all’incontro, il vicegovernatore non ha perso l’occasione per aprire una velata polemica contro il sistema attuale, domandandosi se effettivamente le condizioni che ritroviamo sul territorio sono le migliori possibili, se non ci sono forse dei margini di miglioramento, se i modelli proposti sono ancora adeguati, e chiedendosi dove si collocano veramente i familiari all’interno di questo modello (e pensare che l’incontro era promosso proprio da tutte le associazioni di familiari che operano nel Friuli Venezia Giulia!) e dove sia il confine tra le diverse fragilità delle persone, rilanciando implicitamente quel tipo di organizzazione che vede i medici rinchiusi nei loro ambulatori e le persone nelle loro malattie. Sarebbe stato sufficiente fermarsi ad ascoltare per comprendere i bisogni delle persone: non è forse questo uno dei compiti della politica?

Anche l’informazione non ha assolto fino in fondo il proprio compito: non un giornalista del quotidiano triestino Il Piccolo ha guidato fino a Zugliano per seguire la discussione, preferendo ritagliare un ridottissimo spazio all’interno del giornale e pubblicare la velina riguardante l’intervento dell’assessore.

Don Pierluigi Dipiazza ci ha accolti a Zugliano lanciando un monito: non si può essere sensibili verso le persone con disabilità mentale e poi disprezzare migranti, rom, carcerati, omosessuali; non si può essere sensibili a settori o dissociati nella sensibilità. Chissà cosa avranno pensato il sottosegretario Zoccano, pentastellato alleato di Salvini al Governo, ed il vicegovernatore Riccardi, forzista alleato della Lega in Regione.

Daniela Perelli, intervenuta a nome dell’Unasam e di altre associazioni di familiari, ha voluto porre l’accento sulla peculiarità dei problemi che riguardano la salute mentale, che non si risolvono con il semplice intervento farmacologico, ma che mirano al recupero delle relazioni. A tale scopo sono necessari servizi multidisciplinari, figure professionali che affianchino quelle psichiatriche, forti investimenti sul piano umano da parte degli operatori: si tratta di un processo che richiede tempo, ma non ci può essere un servizio efficiente senza adeguate risorse economiche ed umane. La nostra spesa regionale per la salute mentale è addirittura al di sotto della media nazionale: ciò che viene richiesto è un 5% minimo da destinare alla salute mentale rispetto alla spesa sanitaria complessiva. I nostri servizi per la salute mentale sono diffusi capillarmente sul territorio per farsi carico di tutte le persone che hanno la ventura di vivere l’esperienza, aperti ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette, dove nessuno rischia la violenza della contenzione: che senso ha non investire su questo modello?

Una delle problematiche più discusse e sentite riguarda le politiche di inserimento lavorativo, l’insufficienza di borse lavoro e tirocini, tappe fondamentali del percorso terapeutico che permettono di sentirsi parte della società, che garantiscono a ciascuno di trovare un ruolo attivo da ricoprire all’interno della collettività. L’attuale forte richiesta di produttività in ambito lavorativo rappresenta un ostacolo: il lavoro non è solo reddito, ma un fattore di emancipazione e di inclusione sociale, una fonte di benessere psichico. Sono punti che vanno affrontati.

Tra i momenti sicuramente più emozionanti va ricordata la coraggiosa condivisione delle loro esperienze di disturbo mentale da parte di Silva (La Resistenza è, sempre), Andreina e Susy. Tre donne dal vissuto diverso, che hanno ricevuto aiuti diversi e che hanno voluto raccontare del loro percorso di crescita attraverso i servizi e nel rapporto con gli operatori di Trieste, San Daniele e Tarcento.

Marco Bertoli, responsabile del Dipartimento Salute Mentale dell’A.A.S. 2 Bassa Friulana – Isontina Gorizia, ha sottolineato invece che i centri di salute mentale sulle ventiquattr’ore, cifra stilistica della Regione FVG, sono il cardine, perché permettono la continuità delle cure senza dover ricorrere alle pratiche del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. I centri di salute mentale sono organizzazioni complesse e non semplici erogatori di servizi: è necessario capire i gesti della cura per essere d’aiuto a chi soffre.

Tra gli ultimi, dopo moltissimi familiari, operatori, medici, semplici cittadini, sono intervenuti Roberto Mezzina, direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, e Stefano Cecconi, Stop OPG, rivolgendo in primis un pensiero ad Antonio Cosimo Stano, vittima innocente non solo di quei ragazzi che l’hanno fisicamente ucciso, ma della società in cui viviamo; e secondariamente ribadendo che i servizi devono essere orientati alle persone ed il territorio deve rappresentare un luogo di restituzione alla vita. Il nostro modello di servizi ha dimostrato di essere il migliore possibile, perché è il più umano, oltre ad essere tra i più economici. Servono risorse e ridurle è stupido, oltre che cattivo, perché è controproducente. Ormai lo sanno tutti: una società malata costa di più.

fonte: FORUM SALUTE MENTALE

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