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Nel decreto Energia i fondi per i manicomi criminali: “Così si torna indietro sulla chiusura degli Opg”

Cosa c’entrano gli ex ospedali psichiatrici giudiziari con le bollette elettriche? Bisognerebbe chiederlo a chi ha deciso di inserire l’articolo 32 nel decreto Energia, ora all’esame della commissione Industria della Camera. Perché fin dal titolo appare chiaro che non ha nulla a che fare con il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas: “Disposizioni urgenti volte all’implementazione della capacità di accoglienza delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza”. Sono le cosiddette Rems, strutture detentive a gestione sanitaria, destinate a ospitare autori di reati giudicati incapaci di intendere e di volere, ma ritenuti socialmente pericolosi. L’articolo in questione autorizza una spesa di 2 milioni e 600 mila euro all’anno, fino al 2024, per assicurare il funzionamento di una Rems a Calice al Cornoviglio (La Spezia). Inoltre prevede, a partire dal 2025, che il limite di spesa corrente per le Rems possa essere incrementato “in relazione agli eventuali maggiori fabbisogni emergenti”. Tanto basta per mettere in allarme alcuni deputati e tutti gli addetti ai lavori, che temono si tratti di un passo indietro rispetto alla storica decisione di chiudere i manicomi criminali, avvenuta con la legge 81 del 2014: “Una grande riforma di civiltà, che non può essere manomessa con un sotterfugio o una manovra di palazzo”, avverte Stefano Cecconi, rappresentante del comitato “Stop Opg”.

La riforma tradita

L’obiettivo, fin qui disatteso, era quello di individuare percorsi alternativi alla detenzione per le persone con problemi di salute mentale, prevedendo l’assegnazione a una Rems solo come extrema ratio. Anche la Corte costituzionale si è espressa in questa direzione, con una sentenza di pochi mesi fa, in cui si raccomanda “un complessivo e altrettanto urgente potenziamento delle strutture sul territorio”, indispensabili per offrire un’alternativa. In realtà, nel nostro Paese continua ad esserci una distorta applicazione della legge 81 e un’eccessiva domanda di internamento nelle Rems, tanto che in alcune regioni si sono create liste d’attesa per l’ospitalità, più o meno lunghe. E’ il caso della Sicilia, della Calabria, della Campania, della Puglia e del Lazio, nelle quali si concentra il 78% del fenomeno. Non della Liguria, dove c’è già una Rems funzionante a Genova e non c’è una vera urgenza di aprirne un’altra. Ma quella di Calice al Cornoviglio ormai è stata costruita ed è pronta da almeno tre anni, anche se non ancora attivata, quindi è complicato ripensarci. Tra l’altro, nella prima versione del decreto era stata definita “sperimentale”, ma di fronte alle proteste il governo ha poi deciso di eliminare questo termine, che si prestava a pericolose interpretazioni. “Bisogna capire se l’obiettivo è usarla come struttura per detenuti non liguri, visto che in Liguria non c’è lista d’attesa, violando il principio di territorialità – spiega Franco Corleone, già commissario unico nazionale per il superamento degli Opg – o magari la si vuole usare per ospitare migranti stranieri, in una logica di ghettizzazione”.

Un pericoloso precedente

Insomma, il caso ligure può rappresentare un precedente e “chi come me si è battuto per chiudere gli Opg, non può accettare in silenzio il rischio che vengano riaperti in modo surrettizio”, attacca Corleone, sottolineando il mancato coinvolgimento dell’“Organismo di coordinamento relativo al processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”. Una commissione di esperti, di cui lui stesso fa parte, istituita dal ministro della Salute Roberto Speranza lo scorso settembre e insediatasi a dicembre: “Non ci hanno minimamente consultato ed è molto grave”, dice Corleone. Ma anche in Parlamento c’è chi chiede spiegazioni e modifiche all’articolo incriminato del decreto Energia. “E’ una norma che non può e non deve stare in questo provvedimento ed è potenzialmente scardinante la riforma del 2014 – avverte Riccardo Magi di +Europa – si apre un varco per consentire l’avvio di nuove strutture, anche in altre regioni”. Con i colleghi D’Elia e De Filippo del Pd e Fornaro e Timbro di LeU, Magi ha presentato alcuni emendamenti per cambiare la destinazione dei 2 milioni e 600 mila euro stanziati e usarli per il “rafforzamento dei servizi e delle strutture dei Dipartimenti di salute mentale e per assicurare misure non detentive per i pazienti destinatari di misure di sicurezza e la presa in carico di pazienti provenienti dalle Rems”. Insomma, meglio puntare sul potenziamento delle strutture psichiatriche sul territorio o sull’assistenza in libertà vigilata.

Il governo tira dritto

Un’impostazione esattamente opposta a quella suggerita dal decreto. Che il ministero della Giustizia ha confermato, dando parere negativo agli emendamenti in questione, perché ritenuti “in contrasto con la ratio della norma, finalizzata a risolvere il problema dell’insufficienza di posti letto in Rems – si legge – In particolare, si segnala che un crescente numero di provvedimenti giurisdizionali applicativi della misura di sicurezza detentiva in Rems, per la carenza di posti letto, non trova oggi esecuzione, con gravi conseguenze sia per la mancata erogazione della dovuta assistenza sanitaria in favore dei pazienti psichiatrici autori di reato, sia in termini di allarme sociale e di salvaguardia dell’incolumità pubblica e privata”. Un parere che certo non rassicura chi teme ci sia l’intenzione di aumentare il numero delle Rems, non solo in Liguria, tradendo così lo spirito della riforma del 2014. A maggior ragione perché, con la guerra e il difficile quadro economico, il decreto Energia dovrà procedere spedito verso l’approvazione, probabilmente con la richiesta di fiducia da parte del governo e nessun’altra possibilità di modificare il testo.

fonte: La Stampa

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